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Mercoledì 03 Luglio 2024
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CAPITALISM: A LOVE STORY
Documentario
di Michael Moore
119 minuti - USA '09

Bisogna ringraziare ancora una volta Michael Moore. Nessuno meglio di lui poteva sapere quanto fosse precipitoso e rischioso un film che documentasse e spiegasse il disastro globale ma soprattutto americano della crisi finanziaria-economica: eppure lo ha fatto ugualmente, affrontando il pericolo di sbagliare. Ha sbagliato? A tutt'oggi non si sa, non si può dire: ma il regista ha scelto principalmente due strade già chiare. Prima, il disastro che la crisi ha provocato alla gente, ai lavoratori, ai clienti delle banche. Seconda, il fatto che la crisi del capitalismo nasce dal capitalismo stesso, dal suo assetto, dalla sua struttura. La frase conclusiva del film suona: «Il capitalismo è un male, non si può regolamentare; bisogna eliminarlo e sostituirlo con qualcosa d'altro: la democrazia». Non è un discorso estremistico: nei mesi passati sono molti gli uomini d'affari e i politici americani che hanno detto magari con maggiore cautela la stessa cosa. Nel documentario Michael Moore parla con le vittime delle banche, gli sventurati rimasti per via della crisi senza più soldi nei depositi bancari, senza lavoro, senza casa o senza automobile: nel sistema americano economico basato sulle rate, sui mutui e sui debiti, la crisi ha provocato un'autentica devastazione, illustrata anche nel film da alcuni dei moltissimi disoccupati. Moore, armato del nastro giallo con cui la polizia delimita i luoghi di un crimine, va a Wall Street e l'avvolge di nastro-accusa; denuncia i comportamenti dell'ex presidente Bush, che ha sostenuto le banche in difficoltà con milioni di dollari. Denuncia gli industriali che, «causa crisi», non hanno pagato le ferie né le liquidazioni dei lavoratori. A bordo di un camioncino blindato, Moore si muove per New York, da un luogo all'altro dei peccati finanziari; Non mancano, come sempre, incidenti di percorso, rifiuti spietati, incontri divertenti, episodi buffi: è il marchio di fabbrica del regista, capace di raccontare con ironia e leggerezza anche le situazioni più incresciose (succedeva lo stesso nei suoi documentari su altri problemi sociali). Le sue certezze che sembrano condannare definitivamente il sistema capitalistico potranno anche rivelarsi errate. Ma ha almeno spiegato senza sbagli e con chiarezza che cosa è accaduto nel mondo (e secondo lui) perché.
Lietta Tornabuoni (La Stampa)
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