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Mercoledì 03 Luglio 2024
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MILK
Drammatico
di Gus Van Sant
con Sean Penn, Josh Brolin, James Franco, Emile Hirsch
128 minuti - USA '08

Il film di Van Sant racconta la storia di Milk, primo gay dichiarato eletto a una carica politica in Usa. Come nasce la paura del diverso. Non ha ancora combinato niente di importante, Harvey Milk (un grande Sean Penn). Lo dice lui stesso, in Milk (Usa, 2008, 128'). È il 1970, e il futuro leader dei gay di San Francisco – e primo gay dichiarato eletto a una carica politica negli Usa – è tra le braccia di Scott Smith (James Franco). Nella notte del suo quarantesimo compleanno non ha motivi per esser fiero di sé. La sua vita scorre in un anonimato grigio, dal lavoro in un'assicurazione, a New York, all'omosessualità tenuta nascosta. Non ha forti convinzioni né spiccati ideali politici (nella realtà storica, è un repubblicano con simpatie per Barry Goldwater). Ha però una certezza: non arriverà a compierne 50, di anni. Non è un film "militante", questo girato da Gus Van Sant e scritto dal trentenne Dustin Lance Black. Non ha una tesi politica da illustrare, né una biografia da celebrare. Il suo protagonista è un piccolo uomo normale. Certo, "normale" va qui inteso in un senso molto meno ideologico di quanto facciano il senatore John Briggs (Denis O'Hare) e la cantante Anita Bryant ( lei stessa, in immagini di repertorio). Sono, l'uno e l'altra, i capifila dell'attacco condotto nel 1978 in California alla «Proposition 6», che sancisce la parità civile fra eterosessuali e omosessuali, e in particolare contrasta l'ordinanza che, in varie contee, stabilisce la licenziabilità degli insegnanti gay e dei loro «sostenitori». Per Briggs e Bryant, dunque, la normalità è un giudizio di valore, un modello di vita, un'ideale psicologico e morale, un dovere civile e politico. È normale, in questo senso, non chi cerchi, appunto normalmente, di vivere la propria vita secondo le proprie inclinazioni e opinioni, ma chi si uniformi a un sistema pregiudiziale di scelte, comportamenti e idee che i due non esitano a dichiarar cristiani. In effetti, verso la fine degli anni 70 – come ricorda il film –inizia a manifestarsi negli Usa il peso politico della religione organizzata, in particolare degli evangelici. In questa prospettiva fondamentalista, non ci sono opinioni in legittimo conflitto tra loro, ma verità e falsità, virtù e peccato. E non ci sono avversari politici, ma solo nemici. Quanto ad Harvey e al suo Scott, invece, una vita normale sarebbe quella che vanno appunto a cercare a San Francisco, a Castro, il quartiere che diventerà poi una sorta di piccola città gay. Ma come possono viverla, quella vita normale, se tutt'intorno poliziotti, bravi cittadini e politici "normali" non ne riconoscono loro il diritto? Così, senza appoggiarsi a un'ideologia né a una prospettiva religiosa assolutistica, l'ex assicuratore pian piano trasforma il suo piccolo laboratorio fotografico nel centro di un movimento organizzato. Non nascondersi, non mimetizzarsi, dichiarare la propria sessualità e le proprie scelte, questo diventa lo slogan, l'anima del suo impegno. Insomma, il piccolo uomo grigio è costretto di fatto a uscire dalla normalità in cui pure vorrebbe vivere. Diventa un leader, un capo in grado di individuare mete, di stringere alleanze, di decidere battaglie e scontri. D'altra parte, Milk non è un'agiografia. L'autore di Elephant (2003)e di Paranoid Park (2007) è interessato a qualcosa di più inquietante. Il film inizia infatti su Harvey che, in un giorno del 1978, ricorda al microfono di un registratore il senso della sua vita, o almeno dei suoi ultimi 8 anni. Teme d'essere ucciso,l'ormai Consigliere della città di San Francisco. E nel suo timore, nelle ragioni del suo timore, sta il senso profondo del film di Van Sant e Black. Che cosa spinge molte donne e molti uomini a odiare e a perseguitare altri uomini e altre donne solo per il fatto che la loro normalità è appunto loro? Come si accenna all'inizio del film, l'intolleranza viene (anche) dalla paura che questi, senza volere, fanno a quelli. Ossia, dalla paura degli intolleranti di portare dentro se stessi l'"anormalità", sessuale o anche solo psicologica e culturale. Attaccare, conculcare, negare gli altri: questa diventa per loro la via maestra per vincere la paura che hanno di se stessi, dentro se stessi. In questo senso, l'altro protagonista di Milk è il Consigliere Dan White (Josh Brolin), che ha fatto del suo cattolicesimo e della sua omofobia il suo stesso programma elettorale. È attratto da Harvey, questo "normale". Dunque, capovolge l'attrazione in risentimento, in furia omicida. Non c'è altro modo, per lui, di negare il suo amore e insieme di dichiararlo. Quanto ad Harvey colpito alla schiena con le pallottole di un intero caricatore, sul suo volto Penn mostra lo stupore di chi si trovi a morire a 48 anni, convinto d'avere ancora molte, troppe cose da fare.
Roberto Escobar (Il Sole 24 Ore)
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