Drammatico di Ron Howard con Frank Langella, Michael Sheen, Kevin Bacon, Rebecca Hall, Sam Rockwell 120 minuti - USA, Francia, Gran Bretagna '08
È un western in cui i duellanti non usano pistole ma parole e primi piani. È la storia dell'outsider venuto dal nulla che si aggiudica a sorpresa la preda più grossa. È un musical che celebra il gioco di squadra indispensabile a ogni grande show, ma anche l'inesorabile mitologia del successo ("solo uno vince, all'altro non resta nulla"). È uno di quei film cavallereschi in cui i due antagonisti se le danno di santa ragione ma alla fine si rispettano perché nella lotta hanno imparato a conoscersi e noi con loro.
Il Frost/Nixon tratto dall'omonima e premiatissima commedia di Peter Morgan, a sua volta ispirata al celebre duello tv che nel 1977, tre anni dopo il Watergate e le dimissioni, vide l'ex-presidente Nixon ammettere finalmente le sue colpe in una lunga intervista con il popolare anchorman inglese David Frost, è tutto questo insieme. Ma soprattutto è una trascinante dimostrazione dal vivo dell'arte dello spettacolo made in Usa. Cinema, tv, politica, che differenza c'è? In fondo la macchina dell'intrattenimento funziona sempre allo stesso modo. E funziona ancora a meraviglia se il camaleontico Ron Howard riesce a dare accenti di verità e di sorpresa a un film che segue tutte le regole del genere, proprio perché le segue (come i suoi film migliori, vedi Apollo 13 e lo sfortunato ma ottimo The Missing, non a caso un western). Del vero Nixon sentiamo solo la voce in apertura. È la voce di un uomo astuto, volgare, violento. Un uomo di potere che non si fermava davanti a nulla e avrebbe pagato tutto. Il sublime Nixon di Frank Langella è l'opposto. Misurato, amabile, sornione, anche se cinico, razzista, bugiardo. Dunque capace di mettersi poco a poco a nudo davanti al suo intervistatore. Per il suo e il nostro piacere (un politico che si rovina in tv è uno spettacolo osceno, anche se è un nemico. Un attore che lo recita è un piacere estetico e intellettuale).Secondo il film, che sta alla verità come ogni leggenda ai fatti storici cui si ispira, Nixon si aprì a Frost (un quintessenziale Michael Sheen) per due ragioni. Perché riconobbe in quell'intrattenitore snobbato dai giornalisti blasonati la sua stessa grinta da self made man (si parla molto di soldi, Frost rischia in proprio per produrre lo show, cosa che rende Nixon più sicuro di sé, ma anche più rispettoso). E perché in quel playboy tutto party, belle auto, scarpe italiane, vide il suo opposto e la sua nemesi (Nixon al massimo poteva vantare i suoi pranzi con Breznev e Gromyko, sai che allegria). Semplifichiamo? Un po'. Come il film. E poi non importa se tutto questo sia vero o no, importa che funzioni. E sullo schermo queste psicologie addomesticate, come i comprimari così caratterizzati sui due fronti (il fido militare, il "radical" puro e duro, lo gnomo di Hollywood, etc.), fanno scintille. Il resto scopritelo al cinema. Ne vale la pena.
Fabio Ferzetti (Il Messaggero) |