Drammatico di Joe Wright con Brenda Blethyn, Romola Garai, Keira Knightley, Gina McKee, Vanessa Redgrave 123 minuti - USA, Gran Bretagna 2007
Per la verità Atonement (Espiazione) non sarebbe un titolo beneaugurante, ma come previsto la Mostra parte forte. Sul Lido spirano venti freschi e positivi e i cavalli pazzi della cinefilia mordono il freno delle redini impugnate dalla mano di ferro in guanto di velluto del direttore Marco Müller (lunga vita al Grande Timoniere!). Il regista di Orgoglio e pregiudizio Joe Wright riesce, in sostanza, a cogliere lo spirito sottile e intrigante del fortunato romanzo di Ian McEwan che proponeva, per di più, complesse sfide di «traduzione» linguistica: l'alternanza tra il presente e il passato narrativi, incrociati alle diverse prospettive e ai contrappunti psicologici dei personaggi coinvolti, si distende, infatti, in un film piacevole e scorrevole a cui nuoce soltanto un eccesso di fronzoli e ghirigori destinato a conquistare (consolare) il pur rispettabilissimo «pubblico medio». Di primo acchito, la traccia suggerita dallo scrittore di «Cortesie per gli ospiti» e «Il giardino di cemento» (anch'essi trasposti sullo schermo) riguarda la crudeltà, la gelosia e la delirante fantasia di una ragazzina dell'alta borghesia britannica che conducono alla rovina l'incipiente relazione tra la sorella maggiore e il figlio della governante. Su questo piano alquanto risaputo, la composizione è peraltro impeccabile: nella maestosa villa gotico-vittoriana, non ancora sfiorata dall'inquietudine anteguerra (siamo nel 1935), un afoso weekend sprigiona un'atmosfera di minaccia e di pericolo a causa delle più svariate emozioni a lungo represse. L'allampanata tredicenne Briony (Saoirse Ronan), a capo di una serie di menzogne e fraintendimenti, finisce col consegnare alla prigione e all'infamia l'aitante Robbie (James McAvoy) che ha appena scoperto avvinghiato alla fremente Cecilia (Keira Knightley). Lo scenario cambia trasferendosi negli anni successivi, quando le ragazze in veste d'infermiere e il ragazzo in quelle di soldato sono costretti ad affrontare le tragiche situazioni dell'apocalisse bellica mondiale. Wright, senza rinunciare a una certa enfasi melò, riesce a tenere il film concentrato sugli snodi più innovativi e scottanti, in equilibrio tra il tema della colpa e dell'impossibile espiazione e quello del cruciale dilemma artistico: chi ha letto il libro sa, infatti, che McEwan inventa in sottofinale un alter ego grazie al quale si precisa il percorso della responsabile del danno irreparabile. Tra il rispetto della cruda realtà e la sua (forse) inevitabile rielaborazione, bisogna doverosamente scegliere uno stile senza impacci moralistici ed è meravigliosa, in questo senso, la performance di un'ormai senile ma sempre affascinante Vanessa Redgrave che in primissimo piano rievoca questo cruciale e ricorrente pathos creativo. Lussureggiante e un po' leccato nel primo movimento, quando la macchina da presa bracca e registra i primi, impalpabili sussulti e l'attrazione/repulsione ispirati dal sesso attraverso gli occhi febbricitanti di Briony, «Espiazione» vola alto sull'inferno della guerra, sintetizzata da un memorabile piano-sequenza tra macerie fumanti, lacere truppe e lamenti di feriti oltre che dall'«umanizzazione» di tutti i protagonisti strappati per sempre al vizio della ricchezza. Il tocco «very british» dell'intrattenimento si giova, naturalmente, dell'impeccabile professionismo degli interpreti, dal virile McAvoy alla sensibile Romola Garay (Briony diciottenne) e alla Knightley, ancora più intensa (e anoressica) di come ha conquistato il cuore dei teenagers in Sognando Beckham e la serie dei «Pirati dei Caraibi». Assai meno apprezzabile «Kantoku banzai!» di Takeshi Kitano che, sia pure fuori concorso, ha mostrato di avere smarrito la vena che gli fece assegnare a furor di popolo un Leone d'oro nel '96 (Hana-bi). Convinto di potere scorrazzare come Fellini in lungo e in largo nella propria autobiografia, l'ineffabile nipponico vorrebbe mettere in scena l'impossibilità d'essere (un normale) regista: il risultato è un indigeribile pastrocchio del genere cinema-nel-cinema, a cui fanno difetto, purtroppo, sia il ritmo e la logica che il genio e l'ironia.
Valerio Caprara (Il Mattino)
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