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PERSEPOLIS
Animazione
di Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud
95 minuti - Francia 2007

Non è facile raccomandare agli adulti un film d'animazione, ma non farlo in questo caso sarebbe imperdonabile. In effetti «Persepolis» - tratto dai fumetti di quattro album omonimi - non è solo l'autobiografia tra il '79 e il '94 dell'iraniana Marjane Satrapi, bensì un film sarcastico e leggiadro, scritto e diretto dall'autrice con Vincent Paronnaud, che ha il merito di rievocare le storiche tragedie del suo nobile e sfortunato paese sfidando l'oscurantismo degli ayatollah come non hanno mai fatto certi idoli cinéfili come Kiarostami e Makhmalbaf. Trasponendo lo stile originario del disegno bidimensionale e in bianco e nero (tranne pochi sprazzi di colore), naif, quasi infantile, fortemente sintetico e tuttavia o proprio per questo pulsante di verità e passione, «Persepolis» racconta la formazione dell'intrepida ragazza che assiste alla caduta del cosmopolita quanto autoritario regno dello Scià e alla presa di potere dei fondamentalisti, repressori di ogni libertà e pronti a mandare al macello il popolo nella guerra con il feroce vicino Saddam Hussein. Fedele ai valori umani, prima ancora che laici, inculcati dai genitori e in particolare da una nonna deliziosa, la protagonista si rifugia a Vienna, dove scopre gli inganni dell'amore e patisce la glaciale solitudine riservata agli immigrati. Rientrata a Teheran e iscritta all'università, diventa senza saperlo un'agente del Satana occidentale, ossia una donna autonoma e colta che vorrebbe liberarsi dal velo e dal vestito-saio, godere degli stessi diritti degli uomini e ballare con gli amici sulle note dei prediletti e proibitissimi Bee Gees. Tra echi espressionisti e invenzioni astrattiste, il viaggio alla scoperta di se stessa abroga ogni tentazione di terzomondismo piagnucoloso e coglie il lato magico dei fatti anche quando la ribellione e la depressione rischierebbero di trascinarli nella predica. L'entusiasmo e la lucidità che caratterizzano il punto di vista dell'autrice «adottata» da Parigi sciolgono, così, i nodi politici e privati più penosi, invitando a non giudicare una nazione intera per gli orrori degli estremisti ancora (ahinoi) al potere. Attribuirle però la ridicola idea dell'equivalenza tra il regime teocratico e l'occidente democratico, è un falso che fa torto alla serietà di alcuni recensori.
Valerio Caprara (Il Mattino)
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