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Mercoledì 03 Luglio 2024
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MARIE ANTOINETTE
Drammatico
di Sofia Coppola
con Asia Argento, Kirsten Dunst, Jason Schwartzman, Rip Torn
123 minuti - USA/Francia 2006

«Marie Antoinette», uno dei pochi titoli intelligenti, aggraziati e divertenti di Cannes 2006, si scontrò con l'accoglienza fredda e ostile dei festivalieri e fu ignorato da una delle peggiori giurie di tutti i tempi. Tutto sta nello spirito con cui si prende il film di Sofia Coppola: inteso come kolossal didattico, il profilo della sedicenne austriaca costretta a sposare un Luigi XVI molliccio e asessuato e a convivere con una corte fatua e maligna, può sconcertare; abbandonandosi, invece, alle scatenate tonalità glam-rock allestite dalla figlia d'arte, si capisce come l'indovinato leitmotiv sia quello dell'esilio di un'adolescente in una gabbia dorata. Rievocando l'innocente Marie Antoinette/Kirsten Dunst in un arco di tempo ventennale, l'autrice assume il suo punto di vista - che potrebbe essere quello di una principessa Sissi, di una Lady D o addirittura di una ragazza moderna in stile «Casalinghe disperate» - e sublima i micro-anacronismi con una serie di contrappunti psicologici, figurativi e musicali. Il film non vuole affatto revisionare il cliché della regina giustiziata dai robespierristi e odiata dai francesi (da cui discendono i maldipancia critici), bensì raccontare una storia in cui lo stupore e la malizia, l'incoscienza e un'ombra di presentimento si armonizzino grazie allo stile in parte ironico e in parte delicatamente impressionista. Affascinata dagli ori e dai fasti di Versailles, Sofia Coppola tratteggia, così, i riti severi e insieme derisori della vestizione, del matrimonio, del ritiro notturno in camera da letto, del risveglio e dei lavacri, dei banchetti e delle feste in un'elegante serie di sequenze ispirate al libro della storica Antonia Fraser e soprattutto interessate ai gossip pre-rivoluzionari, dalla passione dell'imbelle Luigi XVI per la caccia alle volgarità della favorita Duchessa du Barry (l'ispida Asia Argento) e al sex-appeal dell'idealizzato cavaliere Fersen, (presunto) amante della nostra regale Bovary. Affinché, tra Beaumarchais e Zweig, la «principessa rococò» possa rivivere insieme agli scherzi, i giochi, la sete di piaceri, il gusto di spendere e di abbordare che restituiscono l'identikit di tutte le «fashion victim» dell'epoca. Insomma un bouquet di calcolate insolenze, scandite dall'euforizzante colonna sonora, dalle mirabili luci e dagli splendidi costumi, che mirano, di fatto, a rivelare come la regista americana non s'identifichi in Marie-Antoinette per fare il verso al Rossellini de La presa di potere di Luigi XIV, ma per sollecitare un colpo d'occhio deliziosamente scorretto sul mito fondatore della Francia e regalare al proprio alter ego Kirsten Dunst la chance di un viaggio nel tempo estroso e impertinente.
Valerio Caprara (Il Mattino)
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