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Mercoledì 03 Luglio 2024
Parrocchia S.Stefano
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WATER
Drammatico
di Deepa Mehta
con Lisa Ray, Seema Biswas, John Abraham
114 minuti - India/Canada 2005

È il terzo film della «triologia degli elementi» avviata in Canada con Fire (Fuoco) dalla regista indiana Deepa Mehta. Il secondo, Earth (Terra) lo si vedrà solo in un DVD che li raccoglierà tutti e tre. Questo che esce oggi nelle nostre sale ancora una volta, ma con accenti più forti, porta in primo piano la difficile condizione delle donne indiane negli ultimi anni del colonialismo quando la predicazione di Gandhi non era ancora riuscita a conquistare la liberazione politica e sociale del Paese. Il tema centrale sono, le vedove. Siamo negli anni Trenta, una tradizione religiosa, appena diventate tali, concedeva loro tre strade: o farsi bruciare sulla stessa pira del marito defunto, o sposare un cognato, o passare il resto della vita separate da tutti, in una clausura che non si distingueva molto dalla prigionia. Il filo conduttore lo offre una bambina di otto anni che, andata in moglie a quell'età e subito rimasta vedova, finisce rinchiusa in una casa isolata dove già sopravvivono con molti stenti altre vedove. Qui però c'è una giovane che, anziché essere rapata a zero come le sue compagne di sventura, ha ottenuto il diritto di sfoggiare tutta la sua bellezza, e anche la sua eleganza, dato che la custode della casa la fa prostituire perché con il suo guadagno, possa venire incontro ai bisogni di quella squallida comunità. La giovane, però, nonostante le credenze religiose vietino alle vedove il matrimonio, salvo appunto con un parente, si innamora di un uomo che, ricambiandola, intende sposarla. Però con una conclusione tragica che coinvolgerà anche la piccola vedova... Da una parte la vita e lo spaesamento di questa bambina, dall'altro la vana speranza di salvarsi dell'altra vedova, nella cornice di quella casa- prigione i cui rituali crudi fino ai limiti della disperazione la regista ricostruisce con un realismo quasi spietato, sostenendo la sua polemica con accenti costantemente risentiti. Anche al momento di quella conclusione così dolorosamente negativa che riesce a evitare fino all'ultimo il melodramma privilegiando al suo posto delle cifre sommesse e quasi solo allusive; anche se condotte fino allo spasimo. Le immagini sono sempre figurativamente preziose pur nella loro asprezza, e le musiche riescono a commentarle con delle lacerazioni che, perfino nei timbri più alti, sanno evitare il patetico. Tra le interpreti segnalo soprattutto l'esordiente Sarala nelle vesti della vedova bambina. Un prodigio di espressività.
Gian Luigi Rondi (Il Tempo)
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