Thriller di M. Night Shyamalan con Gael García Bernal, Vicky Krieps, Rufus Sewell, Ken Leung, Nikki Amuka-Bird 90 minuti - USA 2021
"Il Tempo aspetta dietro le quinte. Parla di cose senza senso. Il suo copione siamo tu ed io, ragazzi". Così cantava David Bowie in Time, e la recensione di Old, il nuovo film di M. Night Shyamalan, in uscita in sala il 21 luglio, inizia da qui. Perché il tempo, agendo dietro le quinte, è il vero protagonista del film. Old è la trasposizione della graphic novel Castello di sabbia (Sandcastle, in originale), di Pierre Oscar Lévy e Frederik Peeters (Cocomino Press), e racconta la storia di un gruppo di persona alle prese con il tempo, che, sulla spiaggia in cui si trovano, sembra passare molto più in fretta del solito. E così i bambini si trovano a crescere, e gli adulti a invecchiare. E la loro intera vita rischia di vedersi ridotta a un unico giorno. Come un castello di sabbia che, lo sappiamo, a fine giornata viene portato via dalla marea. Old è un film che vive della tensione e della suspense dello Shyamalan dei tempi migliori, ed è un thriller che cela in sé una riflessione profonda sul nostro rapporto con il tempo. Il regista di origine indiana a volte esagera aggiungendo momenti ad effetto alla storia, altre volte nelle spiegazioni. Ma Old resta un grande spettacolo. Un film da vedere.
"Ci credi che l'ho trovato on line?" dice Prisca (Vicky Krieps) al marito Guy (Gael García Bernal) appena arrivata a destinazione. Prisca sta parlando di un fantastico e accogliente resort, un paradiso, nel quale arriva con il marito e i due figli, Maddox e Trent. I due coniugi, lo capiamo subito, stanno per separarsi, e vogliono regalare un'ultima vacanza spensierata ai due bambini con la famiglia unita. Prisca accusa il marito di guardare troppo al futuro, lui se la prende con lei perché vive nel passato (è la curatrice di un museo di storia naturale). Il tempo, ancora una volta. In quel resort, fate attenzione, tutto sembra un po' ancora in fieri, in costruzione. Mentre in questo mondo idilliaco cominciano a filtrare segnali di inquietudine. Una donna, a colazione, ha un attacco epilettico. Il direttore del resort, poi, esorta i nostri a scoprire una piccola spiaggia lontano da tutto e tutti. Arrivati lì, insieme a un'altra famiglia e a una coppia, vengono turbati dal cadavere di una donna portato dalla corrente. Ai bambini i costumi da bagno cominciano a stare stretti. È come se il tempo, in quella spiaggia, scorresse in maniera diversa...
È un M. Night Shyamalan lontano dai suoi film più famosi, da quegli affreschi carichi di ombre e chiaroscuri, di piogge e asfalto, a cui ci ha abituato, da Unbreakable - Il predestinato a Glass. Old è un film che sembra contravvenire i codici dei suoi film, ma anche quelli classici del thriller e dell'horror. Tutto avviene in un mondo pieno di luce, di colori chiari, in spazi aperti, di giorno e in pieno sole. Ci viene in mente quello che fece Hitchcock in una delle scene chiave di Intrigo internazionale, quella dell'attacco aereo: un agguato in una pianura deserta, in pieno sole, che ribaltava gli stereotipi del classico agguato che di solito avviene al buio e in spazi angusti.
E in fondo è un film diverso dal classico thriller o horror perché è un film senza un villain, senza nessun vero cattivo, ma con un senso di pericolo incombente, di paura, di incertezza che arriva da qualcosa di superiore e incontrollabile. In questo senso, Old si avvicina a un altro film di Shyamalan, uno dei suoi meno fortunati, E venne il giorno. Anche in quel caso parliamo di un thriller senza un vero nemico, se non un elemento naturale, come una neurotossina prodotta dalle piante. Lì la natura, qui il tempo. In entrambi i casi è un nemico che non si può combattere.
Old è un grande spettacolo, di quasi due ore, che vive di una tensione costante, degna del miglior Shyamalan. Il ritmo è più alto di quello dei suoi classici film dall'atmosfera sospesa, ed è in teoria più vicino a quello dei suoi ultimi lavori. Il senso del mistero e quel luogo paradisiaco che diventa all'improvviso da incubo ci fanno pensare anche a Lost, anche se la narrazione è molto diversa. Ci spiace un po' che Shyamalan, a tratti, punti su alcuni fatti eclatanti, raccapriccianti, spaventosi, quando il solo scorrere del tempo e ciò che comportava assicuravano la giusta tensione al racconto. In alcuni momenti è come se il regista non si fidasse della storia che ha in mano, già forte di per sé, e volesse aggiungere alcuni elementi per renderla emozionante. Ma il risultato è quello di appesantire il racconto. Così come lo appesantiscono alcuni spiegoni, alcuni momenti troppo didascalici (tra cui il continuo ripetere il lavoro che fanno i personaggi) di una sceneggiatura che, in ogni caso, sfrutta tutti gli appigli che il passare veloce del tempo propone.
In questo senso, Old è fedele alla graphic novel da cui è tratto, Castello di sabbia, ma fino a un certo punto. La storia è quella. Shyamalan mescola un po' le carte tra le due famiglie principali e alcuni personaggi secondari, senza che il racconto ne risenta. E, come detto, aggiunge alcuni eventi pericolosi ed eclatanti per provare ad dare maggiore paura e suspense a un racconto che non ne aveva forse bisogno. Ma la novità più importante che apporta alla storia è quella di mostrare il resort, e quindi il prima e il dopo di ciò che accade sulla spiaggia. La graphic novel, infatti, inizia e finisce lì, sulla spiaggia, senza dare troppe risposte, ma trovando il suo senso nello scorrere del tempo. Shyamalan crea invece le premesse della storia (accentuando le psicologie dei personaggi, e questa è una cosa positiva) e la chiude con uno dei suoi twist ending. Meno sconvolgente del solito, certo, perché in fondo annunciato più volte durante il film. E allora potete guardare Old pensando a due film in uno. Il primo, se vi va, si apre e si chiude sulla spiaggia, si conclude con l'arrivo della notte e con il castello di sabbia la mattina dopo. È un film esistenziale, sullo scorrere del tempo, ma anche su come il tempo, a volte, può lenire le ferite e appianare le divergenze. È un film che ha un suo senso. Con la cornice, il resort, il prima e il dopo, Old diventa un film più vicino al thriller che si chiede per contratto a M. Night Shyamalan. È una storia che dà delle risposte e in cui i nodi vengono al pettine. Ma che non aggiunge molto, in fondo, al senso del film.
Perché, piaccia o meno lo stile scelto da Shyamalan e le sue scelte estetiche e narrative, Old è un film da non sottovalutare. È un film che ci tocca tutti nel profondo, che va a sfiorare le nostre più grandi paure: quella di invecchiare, quella di morire. Anche, semplicemente, quella di non avere abbastanza tempo per fare quello che vogliamo, vero tema chiave di una società bulimica e veloce come quella di oggi. Che il tempo non sia abbastanza, che scorra troppo veloce, lo sappiamo tutti. Eppure vedere tutto in maniera iperbolica, con la nostra vita in grado di consumarsi lungo una sola giornata, rende tutto questo più evidente, più inesorabile. Shyamalan ha raccontato che, in fondo, ne Il sesto senso non gli interessava tanto una storia di fantasmi, ma piuttosto affrontare la paura di morire e di quello che c'è dopo. Così qui si è chiesto cosa accadrebbe se ci rimanesse poco tempo da vivere. Passiamo la nostra vita cercando di fuggire dal tempo, da non pensarci, facendo finta che non vada avanti. Old ci mette davanti a tutto questo. e non è poco.
Il cinema live action ha ovviamente dei limiti diversi rispetto al disegno di una graphic novel. Così, se il tratto di Peeters permette di far crescere i personaggi, soprattutto i bambini, gradualmente, Shyamalan si affida a un cambio di cast per i bambini, e a un classico trucco prostetico per gli adulti. Quanto ai bambini, gioca con l'attesa nel momento in cui, dopo qualche ora, appaiono cambiati: tiene l'immagine fuori fuoco, fuori inquadratura, o li inquadra di schiena. Ma tutto il racconto di Old è realizzato con una macchina da presa mobilissima, che gira intorno ai personaggi, li inquadra dall'alto, o da fuori, come se qualcuno, dalle colline, o dal mare, li stesse osservando. Nel cast, oltre ai protagonisti Gael Garcia Bernal e Vicky Krieps, vista ne Il filo nascosto, che danno una sensibilità notevole ai suoi personaggi, spiccano Thomasin McKenzie (Jojo Rabbit) ed Eliza Scanlen (vista in Babyteeth, Sharp Objects e Piccole donne, dove era Beth). In un ruolo, che non vi sveliamo, c'è anche Embeth Davidtz, che era l'Helen Hirsch di Schindler's List. Ed è un piacere ritrovare anche Rufus Sewell, nei panni dell'ambiguo medico Charles. Attori che a volte restano nello stesso personaggio per tutto il film, a volte condividono lo stesso ruolo, perché questo vuole il tempo che passa. Ma, se deciderete di guardare per due ore questo film, non avrete perso il vostro tempo
Maurizio Ermisino (Movieplayer.it) |