Commedia di Francesco Amato con Toni Servillo, Verónica Echegui, Carla Signoris, Luca Marinelli, Pietro Sermonti 102 minuti - Italia 2017
Una seduta di psicanalisi, un ampio studio, un comodo lettino. Il paziente si sfoga, mentre il dottor Elia assapora l'ennesimo pasticcino. Il paziente cerca una sua parola, un suo consiglio, un cenno d'intesa, ma Elia si è addormentato. Elia è stanco, è annoiato, è grasso. Psicanalista ormai assuefatto all'abitudine, quest'uomo avaro e un po' sprezzante vive da solo, rintanato nel suo mondo ripetitivo e stantio. Un'immobilità che, in fondo, è sfociata persino nel matrimonio, perché nonostante si siano separati, Elia e Giovanna non si sono mai detti addio davvero. Si sono semplicemente trasformati in due vicini gelosi che si cercano ancora, bussano uno al muro dell'altro per confermare un tenero "ci sono", condividono cene e lavatrici.
Poi, un giorno, la stasi quotidiana del sonnolento psicanalista viene scossa da un malore, da un dottore che gli consiglia di darsi una mossa per evitare seri problemi di salute. Così Elia è costretto ad uscire, a mischiarsi con un mondo troppo studiato e poco vissuto, arrivando persino a frequentare una palestra piena di tamarri e persone tanto diverse da lui. Tra loro emerge la forza prorompente e il sorriso largo quanto raggiante di Claudia, personal trainer solare che aiuterà quest'uomo imbolsito a perdere la pancia e a riscoprire qualcosa di dimenticato.
È la prima cosa a cui viene spontaneo pensare. Un concetto semplice, immediato, confermato anche da una scena del film, forse l'unica stonata, perché evidenzia in modo didascalico un concetto che sarebbe comunque arrivato al pubblico. Lasciati andare è la storia di un'osmosi decisiva, l'incontro tra due personaggi complementari che, nonostante le diversità evidenti si riconoscono in qualche modo. Elia e Claudia non hanno solo caratteri differenti, ma ruoli sociali che sembrano lontani. Se il primo si interessa alla psiche, alla mente, si intrufola dentro traumi e transfert, la seconda si dedica al corpo, punta ai muscoli e brucia i grassi. Alla sua terza regia, Francesco Amato supera il dualismo cartesiano che scinde la mente dal corpo, e crea un rapporto umano semplice e prezioso, mai banale perché lontano dalla classica e ritrita crisi di mezza età.
Lasciati andare mette in scena una sessione di educazione fisica dei sentimenti, presenta due persone diverse persino nei gesti: Elia è arginato, confinato, non ama toccare né farsi toccare, mentre Claudia è invadente nel suo irruento gesticolare. Tra sessioni di jogging e stretching, questa commedia sempre più scalmanata prescrive al suo protagonista una dieta emotiva, durante la quale il corpo si alleggerisce e il cuore si riapre, mentre il superfluo brucia assieme ai grassi e si riscopre l'essenziale. Quello di Amato non è solo un film di coppia, ma di coppie, abitato da tanti personaggi più o meno secondari, tutti ben delineati grazie ad una scrittura efficace e curata, in grado di raccontare tutta la galassia in cui si muove Elia. Sempre meno lento, sempre più allenato dalla vita.
Barba freudiana, aria compassata e atteggiamento sardonico. L'Elia che apre Lasciati andare assomiglia molto a tanti altri personaggi interpretati da Toni Servillo. Ce lo confermano le passeggiate in solitudine, quel fastidio quasi epidermico nel rapportarsi agli altri, le battute di chi sa già tutto della vita e non prova più meraviglia. Amato sembra dedicare il titolo del film al suo primo attore; l'imperativo Lasciati andare è un invito ad un grande interprete che per la prima volta si fa coinvolgere da una commedia vera e propria. Ne viene fuori un attore divertito in una storia divertente che, mentre il suo personaggio perde chili, si toglie di dosso la severità, l'austerità e la freddezza dei suoi vecchi ruoli, per riscoprire un'inedita leggerezza. Il merito è suo così come di un cast di grandi attori come la spontanea Verónica Echegui, una Carla Signoris prodiga di schiaffi (morali) e carezze e un Luca Marinelli mai marginale nel suo estremo trasformismo. Lasciati andare parte dalla testa, sfiora il cuore e diventa un film di pancia, spontaneo, talvolta sgraziato, senza la paura di sfociare nel grottesco e in situazione paradossali, sostenute dalla bontà della scrittura. Non troppo sofisticato e mai superficiale, il film di Amato ha la sfrontatezza di una commedia spagnola o francese assieme alla capacità di raccontare l'evoluzione di una persona. Forse non tanto una storia di cambiamento, quanto di riscoperta. Non solo una spinta a lasciarsi andare, ma ai motivi che spesso ci spingono a non lasciar andare.
Giuseppe Grossi (Movieplayer.it)
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