Drammatico di Juan José Campanella con Ricardo Darín, Javier Godino, Soledad Villamil 129 minuti - Argentina 2009
A soddisfazione. Mettetevi comodi e preparatevi a gustare un grande film all'antica, uno di quelli in grado di nascondere il tempo, fare la gimkana sui piani emotivi e concettuali e provocare infinite discussioni postume. «Il segreto dei suoi occhi», vincitore a sorpresa dell'Oscar riservato ai titoli stranieri, possiede, in pratica, la rimpianta qualità di venire incontro alle esigenze del pubblico non specializzato suggerendo nel contempo una serie di motivi stimolanti per quello più agguerrito: grazie all'ardito e riuscito dosaggio di tonalità thrilling, melò, noir e storico-politiche Juan José Campanella, argentino che si è fatto le ossa dirigendo negli Usa episodi di serie tv come «Law & Order» e «Doctor House», riesce a rendere credibile e avvincente una sceneggiatura (tratta dal romanzo La pregunta de sus ojos di Eduardo Sacheri) tutt'altro che semplice, articolata com'è su un meticoloso, fitto, allarmante e incalzante incrocio di presente col passato. Il personaggio-guida del film è Benjamìn (Ricardo Darìn), solitario pensionato che per vincere la propria amarezza decide di scrivere un romanzo ispirato a un caso di efferato omicidio accaduto venticinque anni prima a Buenos Aires. Ci ritroviamo dunque nel '74, quando al suo ufficio di vice cancelliere presso il tribunale viene assegnata il nuovo capo Irene (Soledad Villamil): «rigida, conservatrice, compassata» all'inizio, ma poi vincolata al socialmente inferiore protagonista e al suo genialoide e alcolizzato assistente Sandoval (Guillermo Francella) dalle indagini sul brutale stupro e assassinio della mogliettina sexy dell'anonimo bancario Morales (Pablo Rago). Il puzzle così si ricompone a poco a poco, costringendo Benjamìn a rivivere da un nuovo e ancora più destabilizzante punto di vista l'impatto che ebbero sulla sua vita le drammatiche tappe dell'inchiesta, la passione inespressa per la donna (ormai diventata autorevole giudice, moglie madre) e l'atmosfera di cupa paranoia che stava per calare sul paese dopo la morte di Peròn, l'ascesa al potere della moglie Isabel e i prodromi del golpe militare. Campanella porta ai limiti della soap la struttura di genere - il massimo del romanticismo e della nostalgia, scarti improvvisi di humour e di violenza, espliciti duelli sessuali e insieme morali, il culto popolare per il football (sul quale è congegnata una sequenza straordinaria, destinata a restare nei manuali), l'ossessione della vendetta - per poi dare consistenza e profondità a raccordi raffinati come quelli della logica «rivelatrice» degli occhi e degli sguardi, delle vite indotte a perdere d'un tratto ogni significato o della ricerca (vana) di giustizia affidata all'accoppiata imperitura di un Don Chisciotte e un Sancho Panza.
Valerio Caprara (Il Mattino)
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