Fantastico di Tim Burton con Johnny Depp, Crispin Glover, Alan Rickman, Helena Bonham Carter, Anne Hathaway, Christopher Lee 108 minuti - USA 2010
Non si discute sulla statura di Tim Burton grandissimo fantasista e innovatore, tra le personalità più inventive e tra le creatività più genuine che il cinema americano abbia regalato nel corso dell' ultimo ventennio. Anche se la sua capacità inventiva e la sua creatività le ha espresse in maniera poco convenzionale e poco lineare, quindi spiazzante e talvolta faticosa da riconoscere e, sicuramente, da classificare. Come Kubrick, Welles e altri giganti americani che avevano voltato le spalle a Hollywood (ricambiati), anche Burton sfugge al sistema e sceglie come sua residenza Londra. Innamorato delle atmosfere da fiaba gotica e delle relative malinconie, ha dato vita sullo schermo a un mondo assolutamente originale. Suo. Con insistenza che qualcuno potrà forse trovare ripetitiva, pensando che in fondo il suo massimo lo aveva già dato tutto vent' anni fa con la meravigliosa favola di Edward mani di forbice. Da regista e da produttore/ispiratore con Nightmare Before Christmas; appellandosi alle proprie fantasie da puro autore oppure reinterpretando canoni già esistenti con i suoi due Batman (o rifacendo Il pianeta delle scimmie ); con quella personalissima divagazione sul rapporto tra padre e figlio, fuori da ogni schema, che era Big Fish; oppure più spesso ed è questo in fondo il solo tratto di classificabile continuità a parte la coerenza con la sempre presente suggestione e attrazione per "un' altra realtà" - affidandosi alla fedele compagnia dello stesso attore "feticcio": Johnny Depp in Edward mani di forbice e Ed Wood (un film che forse sarebbe piaciuto anche a Tarantino concepite e fare), Il mistero di Sleepy Hollow e (solo voce) La sposa cadavere, La fabbrica di cioccolato e Sweeney Todd. Attore feticcio al quale da un certo punto in poi si è affiancata l' attrice e compagna nella vita Helena Bonham Carter. Hanno il compito di incarnare le buie ma anche romantiche fantasie dell' autore. Fino a questa nuova prova che non poteva non presentarsi prima o poi sul cammino di Tim Burton. Dare la sua versione dell' opera di Lewis Carroll. Che Burton, portando nell' universo disneyano (è un film di produzione Disney) l' inquietudine adulta di un artista che però non perde mai la tenerezza e l' innocenza di uno sguardo infantile, sceglie di mostrarci non bambina ma quasi ventenne. Al suo secondo viaggio nel sottomondo di Wonderland, tra le creature assurde e sconclusionate che lo popolano, tra il Cappellaio Matto di Johnny Depp e l' irascibile Regina Rossa (formidabile) di Helena Bonham Carter, tra il Bianconiglio e la Regina Bianca di Anne Hathaway. Infondendo quel tanto di cupezza triste che gli è propria nell' insieme di umoristico e ironico nonsense. Per fare di Alice, potenziando tutte le letture di chiave psicanalitica già abbondantemente esistenti sul conto di un personaggio pluri-rivisitato e interpretato e ogni volta attraverso traduzioni e adattamenti o trasposizioni in forme espressive diverse da quella letteraria che, data la sua natura allegorico allusiva, non potevano non essere soggette a mille variazioni, per fare di Alice - si diceva - soprattutto un campione di anticonformismo ribelle e di libertà interiore. Infatti incorniciano il viaggio della ragazza Alice nel paese delle meraviglie un antefatto e un epilogo che ce la mostrano dapprima promessa in sposa dalle rigide e soffocanti regole di convenienza sociale vittoriana a un tizio che lei non vuole e non ama. E infine pronta al matrimonio al quale avrà la sfrontatezza e il coraggio di dire no. In nome del principio secondo il quale da nessuno bisogna lasciarsi dire che cosa fare o non fare, che cosa desiderare, progettare, a che cosa aspirare. In nome di una sola fedeltà: a se stessa, alla passione per l' avventura e la fantasia. Detto tutto questo e toltoci per l' ennesima volta il cappello di fronte alla vulcanica creatività del regista americano, diciamo però anche che non appare sempre e tutto così necessario il tributo alla sfavillante spettacolarità degli effetti e della tridimensionalità. Che fanno un po' rimpiangere la semplicità di non meno fantasiose prove precedenti.
Paolo D'Agostini (La Repubblica)
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