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PONYO SULLA SCOGLIERA
Animazione
di Hayao Miyazaki
101 minuti - Giappone 2008

Di fronte ai film di Miyazaki, al fascino misterioso e insieme infantile delle sue storie a disegni animati (nonostante l' avanzare della tecnologia lo studio Ghibli produce ancora film con la matita e gli acquarelli, disegnati a mano), si rischia di cadere in una doppia trappola: da una parte sforzarsi di cercare in quelle storie più significati e riferimenti culturali di quelli che realmente contengono, finendo per sovraccaricare di eccessivi valori metaforici o contenuti misterici i suoi film; dall' altro liquidare tutto come «semplici» favolette per bambini, dove la ricchezza e la complessità dell' ispirazione si stemperano nell' ennesima variante di un orientalismo alla moda. Un doppio errore che finisce per ottenere lo steso effetto: appesantire la poesia (e la magia) che rendono davvero unici i film di Hayao Miyazaki, il cui ultimo film Ponyo sulla scogliera, dopo aver raccolto caldi applausi all' ultima Mostra di Venezia, arriva adesso sugli schermi italiani (dove sarà preceduto da un cortissimo sul Far East Film Festival di Udine, che fece conoscere per primo Miyazaki) e contemporaneamente in libreria, in un coloratissimo album Mondadori. La storia, come spesso nelle opere di Miyazaki, è semplicissima: una pesciolina rossa si è innamorata del bambino che l' ha salvata tirandola fuori da un vasetto di vetro finito sul bagnasciuga e vorrebbe vivere sempre con lui, trasformandosi in una bambina. Tutto qui, o quasi, perché il padre della pesciolina, che è uno strano scienziato umano di nome Fujimoto e che vive negli abissi marini col sottomarino Squalo-Elefante e che odia gli uomini e le terre emerse, vuole ostacolare quell' amore e fa di tutto per mettere i bastoni tra le ruote. Già a fermarsi qui ci sarebbero tanti punti di domanda in attesa di risposte: chi è questo misterioso Fujimoto e perché odia gli umani? Come ha fatto a essere il padre della pesciolina e di tanti altri animali? Come può un pesce, ancorché di sesso femminile, pensare di potersi trasformare in una bambina, con tanto di mani e gambe? E perché quando avviene la trasformazione, il bambino (che si chiama Sosuke) non ha dubbi nel riconoscere nella bambina proprio la pesciolina salvata dal barattolo e che aveva chiamato Ponyo? Ma a farsi tutte queste domande, si finisce per cercare di usare elementi razionali per interpretare una storia (una «favola») che di razionale ha ben poco. Seguendo la storia, che vede in campo anche la mamma di Sosuke, Risa, e il padre Koichi, ci si accorge che il piacere dell' invenzione prende forza su tutto. E il gusto per il disegno spinge il film verso invenzioni narrative del tutto inusitate, come i «pesci-acqua» che gli adulti scambiano per onde e i bambini vedono nella loro reale forma animalesca. Nessuna mamma guiderebbe l' auto in maniera così poco prudente come fa Risa, soprattutto quando a bordo ha Sosuke, e nessun genitore, di fronte al figlio che spiega serafico come la bambina spuntata dalle acque senza un perché non sia altro che la pesciolina Ponyo diventata umana, nessun genitore - ripeto - li prenderebbe tranquillamente in braccio, li porterebbe dentro casa per riparali dalla furia del vento e delle onde. Un essere umano o anche un cartoon antropomorfo si comporterebbe diversamente, si farebbe delle domande. Invece nel mondo di Miyazaki il mistero e l' irrazionale vengono accettati come eventi naturali, come fatti normali. Proprio come nessuno si stupisce che uno tsunami possa sommergere completamente il paese di Sosuke ma non uccida nessuno, anche perché una gigantesca medusa copre come una bolla d' aria gli indifesi ospiti di un ospizio completamente sott' acqua... È questa capacità di raccontare la realtà secondo logiche non tradizionali che fa la grandezza e il fascino del film e l' inconfondibile tocco d' autore di Miyazaki. La sua fantasia si nutre di tutti i miti fondanti della cultura giapponese, a cominciare dall' ambivalente presenza del mare, elemento di vita e insieme sfida rischiosa, per continuare con il ruolo positivo e rassicurante delle figure femminili a fronte della latitanza di quelle maschili (guarda caso il padre di Sosuke, Koichi, fa il capitano di una nave e per questo passa molto tempo fuori casa). Nel film si possono anche ritrovare alcuni dei simboli figurativi più ricorrenti nella cultura nipponica, dall' onda marina che prende sembianze vitali (ora i misteriosi pesci-acqua, ora l' ancor più misteriosa Mammare) alla casa solitaria che si erge contro la furia degli elementi e diventa inattaccabile rifugio. Ma niente è mai troppo sottolineato o rimarcato, perché altrimenti la fantasia e l' invenzione non potrebbe avrebbe quella libertà che invece in Ponyo sulla scogliere esplode con un piacere contagioso.
Paolo Mereghetti (Corriere della Sera)
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