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Lunedì 25 Novembre 2024
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IL TRENO PER IL DARJEELING
Commedia/drammatico
di Wes Anderson
con Adrien Brody, Anjelica Huston, Natalie Portman, Jason Schwartzman, Owen Wilson
91 minuti - USA 2007

Un film americano che può divertire. Come ha divertito (anche se non del tutto) il pubblico che lo ha visto l'estate scorsa alla Mostra di Venezia. Lo ha diretto Wes Anderson di cui sì ricorderà con simpatia "I Tennenbaum" anche se poi il film da cui è stato seguito, "Le avventure acquatiche di Steve Zizzou", ha piuttosto deluso perché l'umorismo stralunato che si imponeva nell'altro film, in questo finiva soltanto per essere ripetitivo e senza graffi. Un po', se vogliamo, come in questa nuova impresa, pur con spunti curiosi e approdi furbi, tra la beffa e il grottesco. Si comincia con un.. .cortometraggio in guisa di prologo e con un titolo, "Hotel Chevalier". In questo hotel, a Parigi, ci vien fatto incontrare uno dei tre fratelli Whitman, Jack, interpretato da Jason Schwartzman. È lì per concludere una difficile storia d'amore con la sua fidanzata (Natalie Portman). Subito dopo: il ifilm, che vede Jack coinvolto nel tentativo di riprendere i rapporti, interrotti dopo la morte del padre, con due suoi scombinatissimi fratelli, Francis (Owen Wilson), il maggiore, e Peter (Adrien Brody), il minore. L'occasione dovrà essere un viaggio insieme, addirittura in India dove, fra l'altro, sanno che si è ritirata in un monastero induista la loro madre altrettanto scombinata (Anjelica Huston). Un viaggio soprattutto in treno, non come quelli, scalcinati e miseri che si vedono nei film indiani, ma coloratissimo, lussuoso, con servizi da alberghi a cinque stelle, su cui i tre si imbarcano equipaggiati con uno stuolo di bagagli variopinti e vistosi firmati tutti, addirittura, dal celebre e costosissimo Luois Vuitton. Da qui tutto il resto, tra avventure d'ogni tipo, disguidi non facilmente rimediabili, scontri spesso anche furenti tra quei tre fratelli ciascuno con caratteri l'uno diverso dall'altro e pronti così a sprizzare scintille ad ogni svolta. Una bizzarria, ma un po' anche una favola, tra un florilegio di situazioni per metà paradossali sostenute da scenografie scopertamente affidate a preziosi cromatismi e punteggiate da dialoghi tra la malizia e l'astuzia piegati soprattutto a far distinguere le fisionomie quasi surreali di quei curiosi personaggi, non dissimili, quando la incontreranno, da quella madre monaca indiana che sembra uscita da uno scherzo. Lo scherzo, accentuatissimo, lo si riconosce anche nei modi con cui i tre ci sono presentati: uno sempre a piedi nudi, l'altro con una scarpa diversa dall'altra e con giganteschi, occhiali neri, il terzo con la faccia quasi nascosta dalle bende. Un gioco, insomma, in un film giocattolo.
Gian Luigi Rondi (Il Tempo) mpo)
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