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COLPO D'OCCHIO
Drammatico
di Sergio Rubini
con Vittoria Puccini, Sergio Rubini, Riccardo Scamarcio, Giorgio Colangeli
110 minuti - Italia 2007

È una storia d'amore estrema e un paradigmatico spaccato del mondo dell'arte, ma è anche la storia di un'ossessione e di una passione (amorosa e artistica). «Colpo d'occhio», nono film da regista di Sergio Rubini conferma il talento narrativo, la maturità formale, lo sguardo espressionistico dell'attore pugliese. E con gli anni la sua presenza nei film che dirige si fa sempre più necessariamente wellesiana, come testimonia il professor Lulli che fin dall'inizio, quando appare con il suo bastone, enuncia il mefistofelico potere che eserciterà su un giovane scultore di provincia interpretato da un altro pugliese doc, Riccardo Scamarcio. Adrian Scala è un artista che vive in un eremo e sperimenta il suo talento nelle forme più stravaganti, ma la sua prima importante esposizione a Roma cattura l'attenzione congiunta di Gloria, una giovane studiosa d'arte, e di Lulli, un critico di fama internazionale, che gli sarà fatale. Tra Adrian e Gloria nasce subito un'attrazione, lei diventa in breve tempo la sua compagna, la musa ispiratrice e l'agente, interrompendo la relazione con Lulli, spietato e potente critico d'arte che può influenzare gusti e galleristi e creare il successo di un artista. Adrian si affida al professore provocando l'inevitabile rottura con Gloria che intanto è costretta ad abortire. In occasione della prima personale di Scala, Gloria scopre che proprio l'opera che ha suscitato maggiore interesse nasconde un'«appropriazione indebita» e la situazione precipita fino al tragico shakespeariano finale. Rubini mette in scena vari conflitti: tra l'artista e il critico, tra l'amore per una donna e l'amore per l'arte, tra chi manipola la materia e chi manipola i pensieri, tra il successo e il prezzo da pagare e l'innocenza. Muovendosi tra il noir, il thriller psicologico e il melodramma opportunamente sottolineati dall'incisiva colonna sonora di Pino Donaggio, l'attore-regista gira con stile forte, diversificando il passaggio dalle atmosfere calde e i colori violenti dell'amata Puglia agli ambienti più rarefatti del mondo artistico romano. Con un occhio al Welles dei campi lunghi, dei grandangoli e della profondità di campo e uno a Hitchcock e Germi, dà al suo Lulli la complessità di un personaggio un po' Mefistofele, un po' Pigmalione, un po' Falstaff.
Alberto Castellano (Il Mattino)
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